LA FAME EMOTIVA

27 aprile 2021

LA FAME EMOTIVA

QUANDO IL CIBO DIVENTA CONSOLATORIO

Abbiamo oramai ripetuto più volte quanto l’alimentazione sia connessa con la vita emotiva e di come spesso possa assumere un significato che va oltre l’aspetto semplicemente fisiologico.

Comprendere la differenza tra fame fisica e fame emotiva e comprendere da cosa questa si origini sarà l’obiettivo di questo approfondimento.

Come per ogni aspetto legato al cambiamento, il primo passo è sempre quello della consapevolezza. Pertanto, diventare consapevole di cosa sta accadendo dentro di te, aiutarti a distinguere e riconoscere il tipo di fame che stai provando, potrà essere un buon punto di partenza verso un’alimentazione più salutare e consapevole.

La fame emotiva viene spesso confusa con la fame fisica in quanto si presenta in maniera impetuosa. Esistono però alcuni elementi utili per differenziarle:

FAME EMOTIVA

  • si presenta improvvisamente, sopraggiunge in un istante, ha un potere quasi travolgente e si percepisce come un bisogno da soddisfare immediatamente;
  • si tratta di un impulso che porta a ricercare cibi specifici (solitamente cibo spazzatura);
  • non fornisce il senso di sazietà, si avverte un vuoto incolmabile;
  • è legata a emozione e sensazioni negative, quali senso di colpa, impotenza e vergogna successive all’evento.

FAME FISICA

  • si presenta gradualmente e il suo soddisfacimento può anche non essere immediato: sensazione che si può “resistere”;
  • si orienta “naturalmente” verso il cibo ed è aperta ad ogni tipologia di alimento;
  • fornisce un senso di appagamento e cessa quando avvertiamo di essere pieni;
  • implica l’appagamento di un bisogno fisiologico e non è legata a sentimenti negativi.

Nel corso della giornata capita, talvolta, di ritrovarsi a mangiare non perché spinti dal reale senso di fame, ma semplicemente per togliersi qualche sfizio e golosità. Questo va bene, può capitare a tutti, è totalmente normale. La differenza nasce nel momento in cui il cibo assume un ruolo diverso e viene utilizzato come “elemento consolatorio” per placare uno stress emotivo o per soddisfare altri bisogni inappagati in maniera ripetitiva e viziosa.


Ma se il nostro organismo utilizza lo stress come forma adattiva per affrontare e gestire alcune vicissitudini della vita, come può utilizzare la fame in modo disfunzionale?

Sotto un punto di vista prettamente evoluzionistico e adattivo il concetto di FAME CONSOLATORIA come risposta ad un evento stressante risulterebbe in prima battuta incoerente, ma essendo legato ad un aspetto di apprendimento, diviene in realtà meccanismo ampiamente utilizzato e con funzione disfunzionale. Vediamo insieme perché partendo dal comprendere cosa succede al nostro corpo quando è esposto ad un evento stressante.

Quando sperimentiamo stress o emozioni negative a livello fisiologico il nostro corpo tende a non richiedere cibo, anzi la maggiore attività del sistema nervoso autonomo che accompagna il vissuto emozionale, determina non solo il rilascio di ormoni che inibiscono l’appetito, ma anche una serie di modificazioni a livello gastroenterologico simili a quelle coinvolte nella sazietà (Schachter, Goldman e Gordon, 1968; Blair, Wing e Wald, 1991). Difatti le situazioni di stress e le emozioni ad esse legate hanno la funzione di preparare l’organismo ad affrontare in maniera adattiva le richieste dell’ambiente (Lazarus e Folkman, 1984). La fame emotiva e quindi l’istinto irrefrenabile di mangiare interferirebbero con la risposta ambientale che le emozioni sollecitano negli individui producendo quindi un comportamento del tutto disadattivo.


Allora perché succede? Perché la sperimentiamo?

Tornando sempre al nostro iniziale punto di vista evoluzionistico, quando ci imbattiamo in una buona fonte di cibo o acqua, è importante ricordare dove l’abbiamo trovata, in modo da ritornarvi a prenderne ancora. Allo stesso modo, quando ci imbattiamo in qualche pericolo, è importante per la nostra sopravvivenza ricordare dov’è che vi siamo entrati in contatto, in modo da evitarlo in futuro.

Questo primo, basilare e radicato sistema di apprendimento, composto da 3 componenti:

  • Il trigger o innesco
  • Il comportamento
  • La ricompensa

è ciò che in psicologia chiamiamo condizionamento operante.

Il condizionamento operante avviene attraverso un semplicissimo, ma potentissimo meccanismo di RINFORZO, che può essere positivo (la conseguenza ci dà piacere) o negativo (la conseguenza è il sollievo da uno stimolo doloroso).

Oggi non abbiamo più bisogno di cercare acqua o fuggire da qualche predatore, ma il meccanismo sottostante è lo stesso, noi siamo gli stessi!

E quando associamo stimoli che non hanno a che fare con la fame, come, ad esempio, un’emozione negativa, con il piacere o il sollievo proveniente dal cibo, diamo il via ad un problema, ad un circolo vizioso (dove il cibo diviene la nostra ricompensa) che può assumere le dimensioni di quella che comunemente viene chiamata “fame emotiva”.

In conseguenza a ciò, i cosiddetti ‘‘mangiatori emotivi’’ utilizzano il cibo in risposta agli affetti negativi perché hanno imparato che questo comportamento allevia i loro stati d’animo avversivi (Spoor, Bekker, Van Strien e van Heck, 2007).

In conclusione dunque, pare chiaro come non siano lo stress o l’emozione negativa in quanto tali a determinare un cambiamento nel comportamento alimentare di un individuo, ma piuttosto le modalità in cui queste situazioni vengono gestite (Wiser e Telch, 1999).


E’ possibile riconoscere dei segnali di un “mangiatore emotivo”?

Potrebbero esserci delle domande utili a farti riflettere sul tuo modo di cibarti e su come questo possa essere associato ad emozioni negative. Vediamone alcune:

  • Mangi di più quando ti senti stressato?
  • Continui a mangiare anche quando non hai fame o sei sazio?
  • Tendi a premiarti con il cibo?
  • Il cibo ti fa sentire al sicuro? Senti il cibo come un amico consolatore?
  • Ti senti impotente o senti di perdere il controllo quando mangi molto?

Se alcune di queste domande hanno risuonato in modo vibrante dentro di te la risposta potrebbe essere che qualche circolo vizioso esista. Questo però non ti deve spaventare, perché alla domanda se sia possibile rompere questi circoli viziosi..

LA RISPOSTA È SÌ.

Sapere che è un comportamento nasce da circolo vizioso e non un meccanismo sconosciuto di ignota origine e provenienza è la prima e fondamentale base per sapere che può essere ristrutturato.

Esistono diversi protocolli e metodologie per affrontare questo cambiamento che sostanzialmente consiste in una ristrutturazione cognitiva delle emozioni associate al cibo e alla risposta che noi come individui ne associamo.

Una delle metodologie più ampiamente riconosciute a livello internazionale è quella della Mindful Eating.

La Mindful Eating si pone come una via molto valida per prendere di mira questo tipo di circoli viziosi che alimentano la fame emotiva, offrendo la possibilità di riconoscere l’innescarsi del loop. Attraverso un vasto bagaglio di tecniche insegna a riconoscerli in tempo per non entrarvi o ad uscirne fuori, una volta che si sono innescati. Ogni volta che si spezza un circolo vizioso, la cattiva abitudine a consolarsi col cibo si indebolisce, per lasciare spazio a modalità più sane e funzionali.